Le tensioni sul fronte della guerra commerciale e i timori per una recessione globale, avevano spinto molti investitori a credere che il 2019 sarebbe stato l’anno dell’oro. E invece dalla metà dello scorso anno in poi, i guadagni del metallo prezioso più noto sono stati praticamente nulli. E’ così emerso un altro grande vincitore di questa corsa, il palladio.
L’anno sprint del palladio
Sebbene il saldo dell’oro sia comunque molto lusinghiero (+15,5%), con un indicatore Average True Range ATR che rimarca posizioni ancora rialziste, la marcia del lingotto è stata inferiore a quella dell’azionario. Wall Street infatti ha macinato guadagni superiori al 25%, così come hanno fatto alcune Borse europee. Ma nulla a confronto di quanto ha marciato il palladio. Questa commodity infatti è schizzata su livelli record, arrivando a toccare i 2.000 dollari l’oncia, dopo una progressione del 57%. Il rally del palladio ha messo le ali anche al settore minerario. In particolare l’indice FTSE / JSE Africa Platinum Mining ha triplicato il suo valore quest’anno, il più grande guadagno annuale di sempre.
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I driver del rally del palladio
A propiziare questa corsa è il cronico deficit di approvvigionamento, che dura ormai da sette anni. Peraltro secondo gli opratori è difficilmente colmabile nel prossimo futuro. Nel 2019 si sono poi fatti sentire anche i blackout energetici in Sud Africa (maggior produttore al mondo con una quota di mercato vicina al 40%). Dal lato della domanda inoltre le cose fanno pensare a ulteriori progressioni del prezzo, visto che il palladio è usato anche per ridurre l’inquinamento delle automobili. Questo utilizzo ha stimolato la domanda negli ultimi anni, e probabilmente lo farà ancora in seguito.
Per questi motivi gli analisti finanziari si aspettano ancora degli incrementi di prezzo. Gli analisti di Citigroup vedono addirittura una tendenza rialzista che potrebbe spingersi fino ai 2.500 dollari nella prima metà del prossimo anno.